“Ogni comunità si costituisce in vista di un bene”1
“E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto”2

In queste frasi sono contenute due delle idee che, fin dall’avvio nel 2013, stanno (più o meno dichiaratamente) a fondamento del percorso di Ballarò significa Palermo. Il progetto che, anno dopo anno, attraverso due programmi di appuntamenti, “di primavera” e “d’autunno”, ha iniziato una esplorazione della realtà cittadina con l’intento di rendere visibili e far conoscere il più possibile attività, progetti e identità che da essa nascono.


“Palermo appare essere una città dalle antiche radici civiche e culturali, con un territorio pieno di risorse, ma, da tempo, in cerca di essere comunità, una comunità plurale ma condivisa.”


E’ durante questo percorso sul campo, tra vicoli, strade e piazze, che è emersa una ipotesi di lettura della ricca ma problematica realtà palermitana: Palermo appare essere una città dalle antiche radici civiche e culturali, con un territorio pieno di risorse, ma, da tempo, in cerca di essere comunità, una comunità plurale ma condivisa.

Una città che vanta i fasti di una storia ricchissima e lontana cronologicamente, che ne hanno fondato l’identità (dall’età punica a quella greco-romana a quelle araba e normanna e a quelle rinascimentale e barocca, ecc. ), e che, dopo un’epoca “d’oro” in età più recente – tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento (con i Florio, le famiglie imprenditoriali inglesi e le ultime propaggini della nobiltà feudale) – ha vissuto alterne vicende urbane, sociali ed economiche di decadimento; le grandi criticità attuali di Palermo, infatti, sono conseguenza soprattutto degli avvenimenti del secondo dopoguerra, quando è avvenuto un notevole stravolgimento del tessuto urbano e del tessuto sociale della città.3

Una città profondamente segnata, a partire dal 1946, dall’essere divenuta sede centrale della neonata Regione Siciliana, autonoma all’interno dello stato repubblicano; fatto che ha avuto un fortissimo impatto sia in termini urbanistici, sia in termini demografici e sociali.4


“Oggi, quando il contesto del centro urbano – che ha i caratteri però di una periferia – sta vivendo processi attivi di recupero e sta sviluppando modelli operativi di partecipazione.”


Una città della quale i risultati dell’inchiesta sociale, che Danilo Dolci realizzò nel 1956, rivelarono, anche a chi avrebbe preferito non sapere, ampie sacche di sottosviluppo, a ridosso del cammino verso il prossimo boom economico degli anni ’60.5

Una città dove, ad esempio, ancora all’inizio degli anni Settanta, per dare soluzione alle forti situazioni di degrado e di differenza sociale ed economica presenti, era stata costituita la Caritas diocesana di Palermo (con decreto del 15 luglio 1973 del Cardinale Pappalardo)6 e si era sentita la necessità dell’avvio del progetto Missione Palermo – voluto anch’esso dal Cardinale Pappalardo ed affidato al gesuita padre Angelo La Rosa, insieme a tanti giovani palermitani. Anche la Missione Palerno era un progetto di recupero della condizione di comunità alla città, che aveva l’intento di tenere connesse realtà sociali assai diverse e separate tra loro, in città, e che dava anche al laicato un ruolo forte, e riconosciuto anche dalla Chiesa, ad integrazione e supporto delle azioni già in atto per le classi marginali della popolazione7.

L’idea (in forma di ipotesi in attesa di più ampia verifica) della mancanza di comunità a Palermo, e della sua ricerca, ha permesso di evidenziare che ancora oggi Palermo richiede uno specifico impegno che dia risposta al bisogno di solidarietà, di ascolto, di attenzione, di supporto, di comunità
insomma, che risulta forte anche oggi. Anche per i gruppi sociali ‘dominanti’ e per gli operatori economici più produttivi, non solo per le classi marginali, la mancanza di spirito di comunità, con il riconoscimento e il supporto reciproco e condiviso, è stata ed è la privazione di un vantaggio. E la disponibilità di tale vantaggio – in una città, nella quale i vincoli strutturali e funzionali esistenti, la grave crisi economica degli ultimi anni
e sempre la presenza delle trame mafiose nella società hanno generato un forte condizionamento per l’esistenza e lo sviluppo di realtà imprenditoriali nuove (ma anche di quelle attive da più anni) – costituirebbe certamente una marcia in più.

Il percorso tracciato fino ad oggi da Ballarò significa Palermo ha fatto una sua parte per rendere un po’ più consapevoli, coloro che vi hanno preso parte, del fatto che Palermo anche oggi esprime progettualità ed energie positive e che occorre dare risposte adeguate alla mancanza di comunità percepita.

Oggi, quando il contesto del centro urbano – che ha i caratteri però di una periferia – sta vivendo processi attivi di recupero e sta sviluppando modelli operativi di partecipazione.

Oggi, quando le “altre periferie” della città, da Mondello a Borgo Nuovo, dallo ZEN alla Costa sud, per indicarne solo alcune, aspirano in maniera esplicita ad individuare concretamente proprie iniziative efficaci, che muovano una realtà della città segnata in negativo dalle conseguenze dello stravolgimento architettonico-urbanistico e sociale degli anni passati.

Il percorso di Ballarò significa Palermo, a partire dal tessuto storico del Centro della città (ma non essendo limitato ad esso), ha mirato e mira a diffondere anche la consapevolezza che il contatto, la conoscenza e il riconoscimento reciproco di chi opera nel territorio costituiscono dei valori aggiunti, e che il confronto sulle problematiche e la collaborazione per mettere in pratica progetti concreti e condivisi (tra i commercianti, tra i residenti e i commercianti, tra le organizzazioni private e pubbliche e i rappresentanti delle diverse istituzioni) può dare una spinta in più alla città.

Ecco che si delinea il cammino strategico del progetto Ballarò significa Palermo: consolidare un percorso che mira a porre in evidenza e valorizzare le realtà positive presenti nella città – e non solo nel centro storico – e a supportarne la più ampia conoscenza, la promozione, il rafforzamento e lo
sviluppo, utilizzando gli strumenti di una comunicazione efficace e ogni altro strumento utile per stimolare e facilitare il recupero di uno spirito e di un progetto di comunità attiva e consapevole.

Sempre facendo leva sull’impegno di ciascuno in un progetto comune, da privati cittadini, a fianco delle istituzioni civiche.

1 Aristotele Politica Libro I
2 Beato don Pino Puglisi, dalla conferenza “Mafia e chiesa: la cultura dell’amore contro la cultura del malaffare” in F,
Deliziosi Don Pino Puglisi – Se ognuno fa qualcosa si può fare molto Rizzoli, Milano 2018
3 P. Violante Swinging Palermo Sellerio, Palermo 2015
4 S. Butera La Sicilian che non c’è Torri del Vento, Palermo 2017
5 D. Dolci Inchiesta a Palermo (Einaudi, Torino 1956) in Ecologia del potere Edizioni del Rosone, 2012 Foggia
6 http://www.caritaspalermo.it
7 http://parrocchiasantaagnesevm.altervista.org

L’autore

Giulio Pirrotta

Giulio Pirrotta (Palermo,1965). Operatore culturale e musicale. Diplomato in flauto traverso presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Palermo (già Conservatorio V.Bellini, oggi A. Scarlatti) e in Organizzazione e gestione di strutture musicali presso il Centro di Ricerca e Sperimentazione per la Didattica Musicale di Fiesole (FI). È stato: consigliere d’amministrazione e vice presidente della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana; vice presidente del Consiglio regionale di Italia Nostra: presidente della sezione di Palermo della Società Italiana per l’Educazione Musicale. È presidente di Ars Nova Associazione Siciliana per la Musica da Camera. È fondatore e presidente di Ballarò significa Palermo.
Tra i fondatori de La Via dei Librai, della quale è componente del Comitato scientifico. Con Francesco Lombardo ha ideato Polis.

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