Palermo, Palermu in siciliano, Palièmmu o Palìaimmu in dialetto palermitano, era chiamata Zyz (il fiore) dai Fenici. Il nome attuale deriva dal greco antico πᾶς, pâs, «tutto» e ὅρμος, hórmos, «porto», «ampio porto», per la presenza dei due fiumi Kemonia e Papireto che creavano un enorme approdo naturale, e divenne Panormus con i Romani. Gli Arabi pronunciavano il nome della città Balarm, dizione che venne parzialmente adottata nella forma ufficiale Balermus del periodo normanno.


“Già la storia del nome di Palermo mette in evidenza la sua pluralità linguistica; se poi si considera che in diverse epoche varie lingue coesistevano nella città, parlate dai popoli che coabitavano, davvero possiamo affermare che Palermo si esprime in tutte le lingue grazie all’eterogenea convivenza culturale che la caratterizzava”


Passeggiando per le vie del centro storico, non si possono non notare i nomi delle vie con trascrizione in ebraico e arabo ad indicare che un tempo in quei luoghi queste etnie vivevano insieme: alla Moschitta e alla Guzzetta, quartieri ebraici, vivevano anche cristiani e musulmani.
Il siciliano stesso è il risultato della fusione dei dialetti italo-romanzi che caratterizzavano le popolazioni della Sicilia, già prima dell’arrivo di Greci e Romani. Secondo l’organizzazione Ethnologue, la sua peculiare struttura lo renderebbe un idioma a sé, e grazie a Federico II di Svevia è anche stata la prima lingua letteraria d’Italia; l’UNESCO ha riconosciuto al siciliano lo status di lingua madre.
Data la posizione strategica dell’isola, è evidente che anche la sua lingua abbia subìto diverse trasformazioni, nel corso dei secoli. Le diverse presenze di fenici, greci, arabi, franco-normanni e spagnoli, hanno dunque portato ad arricchirne il vocabolario e a cambiarne o acquisirne le forme grammaticali.
Questa è storia… oggi, invece, gli/le straniere/i residenti a Palermo sono circa 25.000 (almeno ufficialmente) e rappresentano il 3,7% della popolazione residente. Se poi, per una completa valutazione del fenomeno, consideriamo anche i/le cittadine/i straniere/i che negli anni hanno acquisito la cittadinanza italiana, la presenza straniera diventa più consistente: sommando gli/le straniere/i residenti e coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana (4.000), ci avviciniamo a quota 30 mila. Esse/i provengono da circa 140 paesi; la comunità straniera più numerosa è quella proveniente dal Bangladesh seguita dallo Sri Lanka (ex Ceylon) e dalla Romania.
Nel 2013, a Palermo, è nata la “Consulta delle Culture”, un’Istituzione cittadina per la partecipazione politica dei/delle cittadine/i straniere/i quale organo consultivo e propositivo per le scelte di governo dell’amministrazione.
L’elezione della Consulta delle culture è una grande occasione per le comunità presenti a Palermo di avere finalmente una rappresentanza politica democraticamente eletta ed essa è uno strumento di democrazia che contribuisce alla costruzione della città interculturale.


“Essa rappresenta un’esperienza straordinaria, unica in Europa, di protagonismo politico delle comunità di migranti, un luogo di partecipazione e di costruzione del dialogo interculturale ed interreligioso”


“La Consulta delle Culture stabilisce il principio che a Palermo non ci sono stranieri – sottolineava il sindaco Leoluca Orlando – tutti coloro i quali sono residenti in città possono godere dei diritti connessi alla cittadinanza, non solo formalmente”. La Consulta si è affermata come la quarta istituzione della città, avendo cura e prestando attenzione all’intera comunità cittadina e costruendo spazi autonomi di iniziativa e momenti di collaborazione con le tutte istituzioni cittadine; è il centro di tutte le attività che hanno coinvolto le comunità straniere e contemporaneamente un punto di riferimento per tutte/i coloro che hanno condiviso l’impegno e la pratica di cittadinanza attiva.
Un importante riconoscimento alla presenza di tante culture a Palermo è avvenuto nel 2018, quando il Comune ha conferito la cittadinanza onoraria a 82 bambine/i straniere/i nate/i a Palermo, per il programma internazionale dell’Unicef ‘Città amiche delle bambine e dei bambini’. In quell’occasione, il presidente del Consiglio comunale, Salvatore Orlando, affermò: “Chi nasce a Palermo è un cittadino palermitano senza distinzioni. Il nostro è un importante messaggio rivolto al governo perché si facciano finalmente decisivi passi avanti verso le leggi nazionali in fatto di cittadinanza”.
“Siamo la città dell’accoglienza – commentava il sindaco Leoluca Orlando – e che fa della mobilità umana la cifra culturale e politica di questa amministrazione e di questa comunità. La straordinaria capacità dei palermitani di saper accogliere è una marcia in più rispetto ad altre realtà del nostro Paese e di altre nazioni. Noi siamo razzisti perché per noi esiste solo una sola razza: quella umana”.
E ancora, Palermo incanta i/le turiste/i, soprattutto straniere/i. Nonostante le tante difficoltà, tra il problema rifiuti e la crisi del commercio degli ultimi anni e il covid, la città continua ad attrarre visitatori e visitatrici. Il suo patrimonio artistico e storico, i suoi monumenti, la sua cultura, il suo mare e le sue bellezze naturali insomma vincono su tutto. E per le vie della centro storico possiamo pregiarci di ascoltare tanti idiomi: francese, tedesco, inglese, spagnolo e via di seguito.
Quindi, che sia per motivazioni autoctone, storiche, necessità di vita, studio e turismo, Palermo è davvero “in tutte le lingue”.
Sarà forse per questo che il/la palermitana/o, seppur non conoscendo, o poco, le lingue straniere, possiede in sé una competenza comunicativa interculturale innata, quasi facente parte del suo Dna; è come se egli/ella avesse cognizione delle diversità di background culturali che influenzano i comportamenti nelle relazioni professionali tra persone di nazionalità e lingue diverse.
Per via della sua storia, il/la palermitana/o ha coscienza della diversità e sviluppa abilità comunicative che gli/le permettono di interagire con gli/le altre/i quasi senza difficoltà. Mi vengono in mente i conducenti di carrozze e motoape che riescono a captare l’origine di un/a turista e offrono in una lingua non ben identificata i propri servizi e poi presentano la nostra meravigliosa città lungo il percorso.


“È come se Palermo possedesse una sorta di software mentale, condizionato dall’educazione storica ricevuta, che rappresenta il primo passo per accettare la realtà che le altre persone, anche appartenenti ad altre culture, possiedono atteggiamenti mentali diversi o anche – più spesso – simili ai nostri”


Il passo è veloce per transitare da un multiculturalismo ad un interculturalismo in cui il/la palermitana/o, non solo riconosce e impiega simboli di altre culture come simili ai suoi, quasi accettando e partecipando ai loro rituali, ma crea una rete comunicativa che tiene legate le diversità.
Da alcuni anni a Ballarò o al Capo insieme alla lingua preminente, il palermitano stretto, si sentono parlare anche altre lingue: sono quelle di immigrate/i e di turiste/i mescolati tra loro nell’inestricabile dedalo di banchi di frutta e verdura, negozianti, acquirenti, ragazzine/i e vecchietti e animali e cose che costituiscono un mercato irrinunciabile.


“La scuola palermitana e le associazioni culturali non rimangono inerti rispetto a tutto ciò, ecco perché tra il 24 settembre e il 2 ottobre 2016, per ‘Ballarò d’autunno’, consci che Palermo si può declinare in tanti linguaggi, è nata la manifestazione dedicata a Giusi Macaluso, insegnante di francese prematuramente scomparsa, ‘Palermo in tutte le lingue”


L’iniziativa, da allora ricorrente, nasce nell’intento di porre in evidenza come l’identità di Palermo e della comunità palermitana possa essere declinata secondo prospettive internazionali, inter/multiculturali e multilinguistiche. Le attività, che si articolano lungo un itinerario tra Capo, Albergheria, Ballarò e Vucciria sono state promosse dal Comitato ‘Ballarò significa Palermo’ (e oggi dall’omonima Associazione) insieme al Comune di Palermo e all’Association Francophone de Sicile, oltre a numerose istituzioni culturali, scolastiche e linguistiche, ma anche economiche della città. Il palinsesto prevede incontri pubblici delle comunità linguistiche e nazionali, incontri di promozione della cultura e della formazione linguistica nelle scuole ed appuntamenti con arte, musica e teatro, che coinvolgono operatori e operatrici culturali, studenti e studentesse, docenti, cittadine/i, visitatori e visitatrici.
E’ alla luce di tutto ciò che Palermo si prospetta come una città in cui persone di culture diverse si relazionano, nelle scuole, nelle strade, nei mezzi di trasporto, una città multiculturale e interculturale nell’identità del quotidiano.
Queste culture sono sempre in un processo di trasformazione permanente, perché esistono differenti maniere di posizionarsi di fronte all’altra/o. Possiamo credere che siamo migliori, ma questo non porta nessun vantaggio, perché il diritto alla differenza è fondamentale poiché è una questione della cultura.

L’autore
Vito Pecoraro

Attualmente dirigente scolastico dell’Ipsseoa Pietro Piazza di Palermo, è  laureato  in  Lingue  e  letterature  straniere  con  specializzazione  in  francese  e  ha  un dottorato  di  ricerca  in  Francesistica.

Ha  partecipato a  numerosi  convegni,  seminari,  stage  intensivi  e  universités  d’été in  Francia  attinenti  alla  cultura  francese  e  alla  didattica  del  FLE,  collaborando  attivamente  con l’Institut  Français  de  Palerme  et  de  Sicile  e  con  l’Alliance  Française  di  Bologna.

È  stato  docente  a  contratto  di  Lingua  e  traduzione  francese  all’Università  di  Palermo,  di  Didattica della  micro  lingua  alla  SISSIS,  di  Terminologia  Applicata  al  Tourism  French  –  Francese  Tecnico all’interno  del  master  post  lauream  “Management  dell’impresa  turistica”  gestito  dall’  UET  –  Istituto Europeo  per  il  Turismo.

Ha  al  suo  attivo  diverse  pubblicazioni  e  cura  di  atti  relativi  al  settore  della  traduzione,  della francofonia,  del  francese  per  obiettivi  specifici  (ambito  del  turismo),  della  didattica  della letteratura;  ha  tradotto  Jean  Claude  Berchet,  Costantinopoli  e  Asia  Minore  (tratto  da  Les   Voyageurs  en  Orient  –  Antologie  des  voyageurs  français  dans  le  Levant  au  XIXème  siècle)  e  il Discorso  in  onore  di  Goethe  di  Paul  Valéry,  per  conto  della  casa  editrice  Novecento.
È  socio  fondatore  e  presidente  dell’Association Francophone  de  Sicile, che promuove la lingua e le culture francofone.

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