Tutto comincia a Ballarò nel maggio del 2013. In una piccola piazzetta allestita come anfiteatro sono seduti in più file circa 70 persone, mentre tanti altri per terra o in piedi seguono in silenzio il discorso dell’indovino Calcante che, nei panni di un antico cantastorie siciliano, racconta della lite tra Achille e Agamennone.


“La magia è quella di un pubblico di spettattori”


Un’esperienza quasi irreale dentro uno spazio che un tempo era una piccola discarica, trasformata poi da tenaci volontari nella piazzetta ‘Mediterraneo’. A vestire i panni degli antichi eroi sono tanti emozionati studenti del Liceo Benedetto Croce di Palermo, pronti a portare in strada tutta la bellezza e la forza di classici senza tempo come l’Iliade e l’Odissea, con il sostegno del Comune di Palermo e dell’Università, del Dipartimento Culture e Società. Arrivano finalmente in scena Achille e Agamennone ed ecco risuonare parole come ‘onore’, ‘vergogna’, ‘vendetta’ tra le pareti diroccate di questo teatro a cielo aperto. La scena poi si interrompe proprio al culmine dello scontro e, al cenno della regista Preziosa Salatino, qualcuno si alza tra il pubblico a chiedere di sostituire i personaggi in scena per provare, così, a dare una soluzione diversa al conflitto in corso. Non vengono suggerite al pubblico facili “soluzioni” o risposte dogmatiche, ma è data agli spett-attori la possibilità di sostituirsi al protagonista per sperimentare la propria strategia di intervento. Molti tra gli abitanti di Ballarò, intervistati successivamente, sconoscevano Omero prima di questo evento. Solo alcuni avevano avuto notizia di Ulisse o di Achille dalle produzioni televisive.

Sono ragazzi ma anche genitori, insegnanti, gente di passaggio a prendere il posto ora di Achille, ora di Agamennone, ora di Calcante o della silenziosa schiava Briseide cui si prova a dare parola. Così accadrà pure nel segmento successivo, quando Ulisse torna a casa dopo anni di peregrinazioni e agogna l’abbraccio di moglie e figlio. Le ‘alate’ parole dell’Odissea andranno stavolta dritte a sollecitare questioni diverse, come quelle del viaggio o della ‘famigghia’ al punto che un abitante del quartiere si alzerà pure a chiedere la parola per dare voce ad una insolita Penelope ormai stanca di inganni: Ulisse verrà allora accusato di troppe assenze da casa e sarà lasciato stavolta fuori la porta. Ad ogni intervento l’azione scenica riparte sempre nuova fino a che non si palesa una soluzione accettabile. La magia è quella di un pubblico di spett-attori, nella formula del Teatro Forum che lascia a tutti la possibilità della parola, in una invisibile contiguità tra scena e platea dentro uno spazio attraente e respingente al tempo stesso e che non ha certo il fascino dei teatri. I luoghi delle scene per i Classici in strada sono spesso sporchi, degradati. Sui muri sono disseminate anche ‘parole di guerra’ come quelle che incitano all’odio verso gli ‘sbirri’ come continuano ad essere qui chiamate le forze dell’ordine. Spazi dove la strada è il luogo di vita per tutti, adulti e bambini, tutti i giorni, da mattina a sera.


“Sono ragazzi ma anche genitori, insegnanti, gente di passaggio a prendere il posto ora di Achille, ora di Agamennone, ora di Calcante o della silenziosa schiava Briseide cui si prova a dare parola.”


In questi spazi hanno finora risuonato, di anno in anno, le parole di Omero, Eschilo, Virgilio, Erodoto, Luciano, Ariosto e Boccaccio perché fin qui si è creduto davvero -la scuola lo insegna tutti i giorni- che ‘la Bellezza salverà il mondo’. Ed ecco allora la discarica mutarsi in un proscenio e la piazzetta dei traffici illeciti divenire per un attimo una platea silenziosa e solenne, dove stanno seduti accanto tutti, dal Rettore all’uomo della strada.

E’ questo, in poche parole, i Classici in strada, un vasto progetto di rete che dal 2013 – sotto il patrocinio dell’USR Sicilia AT Palermo e del Comune dei Palermo – unisce scuola di ogni ordine e grado, Università, istituzione carceraria e associazioni impegnate a vario titolo in un lavoro comune di studio, lettura, scambio e azione sui grandi temi della violenza, dell’esclusione, del conflitto. La parola della grande letteratura esce fuori dalle aule e dalle biblioteche per arrivare nelle strade, in particolare nei quartieri segnati da alto disagio sociale e dispersione, nel carcere. La parola crea legami tra studenti piccoli e grandi e, come un filo sotterraneo, cuce tra loro i luoghi più distanti, talora più emarginati della città. Piazze e cortili di Ballarò, Borgo Vecchio, Brancaccio, Danisinni o Ucciardone divengono così teatri di incontro e azione cittadina in un fecondo scambio umano e culturale tra studenti e studentesse frequentanti tipologie di scuole differenti, ibridando canoni e apprendimenti e realizzando un meticciato culturale che provi a ridurre le condizioni di svantaggio delle parti sociali più disagiate così da innescare o far crescere, attraverso la realizzazione teatrale, la riflessione sul grande tema del conflitto dirompente e della violenza. Questa idea, all’inizio per molti un’utopia, ha incrociato la grande esperienza sul campo di tanti docenti e di grandi professionisti quali Santi Cicardo, Patrizia Veneziano, Croce Costanza e, in particolare, Preziosa Salatino ed Emilio Ajovalasit, fondatori del teatro Atlante ed impegnati da anni non solo per un teatro di impegno civile ma anche per un teatro che spesso aveva proprio la ‘strada’ come punto di partenza e spazio d’azione. A guidare l’ampia rete è un comitato scientifico che si occupa da anni della scelta dei testi e organizzazione degli eventi ed è formato da tanti docenti delle scuole della città . I testi classici non sono mai scelti a caso ma vengono selezionati sulla base della loro significatività per la contemporanea comunità, in ordine, soprattutto, ai temi della violenza e del conflitto.


“I luoghi delle scene per i Classici in strada sono spesso sporchi, degradati… Spazi dove la strada è il luogo di vita per tutti, adulti e bambini, tutti i giorni, da mattina a sera.”


Il progetto ha l’obiettivo di gettare un ponte tra i quartieri della città abbattendo idealmente le mura scolastiche o universitarie per restituire la letteratura alla piazza, alla strada appunto, e offrirla alle orecchie di chi per varie ragioni è stato sottratto troppo presto alla scuola. Dopotutto, proprio la strada è stata spesso all’origine di alcuni dei grandi capolavori classici, primi tra tutti l’Iliade e l’Odissea, recitati in strada dagli antichi aedi, come, allo stesso modo, il carcere è stato non poche volte lo spazio creativo per autori quali Cervantes che, proprio durante la prigionia, comincia a comporre il suo Don Chisciotte. Così luoghi e quartieri ad alta dispersione scolastica -centrali storicamente ma decentrati culturalmente- divengono improvvisamente teatri di sapere e mete di attrattiva in cui si danno appuntamento cittadini di varia provenienza che mai avrebbero pensato di ritrovarsi insieme nel quartiere di Ballarò o in un cortile di Borgo Vecchio per inseguire le orme di Angelica che fugge o di un ippogrifo costruito e messo in volo dagli studenti del liceo artistico Ragusa Kyhoara.

In strada, al di là o al di qua delle sbarre, la letteratura riesce così a dar voce a tutti, eroi e comuni mortali, cittadini di ogni fascia sociale -dal laureato all’analfabeta- trovatisi in modo insolito affiancati nei vicoli o accovacciati sui marciapiedi a discutere insieme dei temi dell’onore, della gelosia, della giustizia. Qualunque sia la storia, però, qualunque sia l’eroe, il racconto prende fin da subito il sopravvento sulla lettura finché via via sono i loro racconti –quelli degli studenti o dei detenuti o dei passanti- a superare la stessa vicenda dei personaggi alle cui avventure si sono immediatamente intrecciate altre storie personali, altre scelte e altre angosce. In questo scambio di racconti e di vita, si scopre che il primo effetto sortito dal classico è quello di “far sollevare lo sguardo” da terra o di distoglierlo da quel muro opposto alle sbarre su cui l’occhio di un detenuto batte in modo continuativo gli occhi per lunga parte del giorno. Ecco il potere performante della letteratura, l’unica parola a poter attraversare impunemente tutti i muri come pensiero libero e liberante, sentimento ed emozione, narrazione e redenzione.

1 Mi piace qui ricordare e ringraziare il prof. Andrea Cozzo, noto grecista e docente di Letteratura greca presso l’Università di Palermo, con cui abbiamo dato avvio alla prima esperienza di Omero a Ballarò, e gli amici e indispensabili artefici di questa esperienza, i docenti Emanuela Annaloro, Marina Buttari, Patrizia Campagna, Maurizio Civiletti, Daniela Conte, Andrea Cozzo, Marinella Emanuele, Alessandro Guccione, Cettina Mancino, Antonella Marchese, Livia Marchetta, Giusy Norcia, Giulio Pirrotta, Mariella Rinaudo, Anna Spica Russotto.

L’autrice

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